Prison inside me: combattere lo stress… in prigione
Prison inside me è un centro di “riduzione dello stress” sito alla periferia di Hongcheon, a 60 chilometri circa da Seoul, in Corea, nato per volontà di un avvocato in “crisi interiore” e in cerca di sollievo, tale sig. Kwon Yong Seok di 47 anni, che anni fa chiese ed ottenne di poter trascorrere una settimana rinchiuso in carcere per “motivi terapeutici”. I risultati furono cosi entusiasmanti da indurre l’avvocato a costruire una prigione da adibire a “centro spirituale”.
La costruzione, durata un anno, richiese la bellezza di 19 milioni di dollari, costi che il signor Kwon Yong – seok riuscì a coprire grazie a prestiti di amici e donazioni di parenti.
In cerca di pace interiore, gli ospiti che vanno nella prigione devono prima consegnare telefoni cellulari, libri e altri oggetti, dopodichè entrano nella cella di isolamento di 60 metri quadrati, arredata con solo WC, lavello e un piccolo tavolo, e trascorrono il tempo assorti nella meditazione e riflessioni sulla vita. I pasti sono serviti attraverso una fessura nella porta. Naturalmente ci sono anche corsi di meditazione privata, lezioni spirituali e giochi di guarigione.
La durata del soggiorno è di 2 giorni e 3 notti al costo di 146 dollari, e sebbene il signor Kwon sognasse di offrire detenzioni più lunghe ai suoi ospiti, si è dovuto piegare all’indisponibilità dei “detenuti” a fermarsi nel carcere più di 2 giorni.
“Curiosa è la reazione delle persone private del loro smartphone“, dice Kwon “la gente sembra nervosa senza il telefono“. Prova ne è l’esperimento condotto all’interno della struttura su 20 ospiti: guidati da un sacerdote cattolico al raggiungimento della pace attraverso un profondo percorso interiore, all’annuncio di una breve pausa, si precipitarono a prendere i cellulari per controllare i messaggi o eventuali (e improbabili) emergenze! “E cosi per soddisfare questa esigenza – dice Kwon – do l’opportunità di controllare il telefonino almeno una volta al giorno“!
Il sig. Kwon, comunque, ammette che il posto è troppo caldo e pulito per sembrare una prigione, e che troppo breve è il soggiorno di 3 notti e 2 giorni per meditare su se stessi e uscire dallo stress. “La gente però si lamenta se deve rimanere più tempo, mentre non si lamenta dell’ambiente comodo, dichiarandosi soddisfatta dell’esperienza“
Addio dunque a massaggi e bagni caldi: per rilassarsi bisogna andare in Corea, nella “prigione anti stress”, sì… ma con Smartphone e belli comodi 🙂
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